La Collezione Sulla: Una ricerca di una vita per preservare i reperti e la memoria della Campagna d’Italia.



La missione di una vita di un collezionista italiano per salvare le storie, gli oggetti e l’umanità di coloro che liberarono la sua patria.

Nel quadro della nostra serie dedicata ai membri della comunità internazionale che sostengono The Allies Museum: World War II Liberation of Italy, il Direttore Fondatore Guido Molinari ha incontrato Giovanni Sulla, collezionista di reperti e fondatore della Sulla Foundation. Da oltre quarant’anni, Sulla dedica la sua vita al recupero, alla conservazione e all’interpretazione della storia materiale della Campagna d’Italia.
La sua straordinaria collezione, composta da oltre 5.000 pezzi, oggi destinata all’Allies Museum, rappresenta una delle raccolte più complete di reperti alleati e dell’Asse presenti in Italia, con una particolare attenzione alle forze americane e brasiliane che combatterono sulla Linea Gotica.
Giovanni, raccogli reperti della Seconda Guerra Mondiale da oltre quarant’anni. Quando e come hai iniziato?

Tutto è iniziato grazie ad un’iniziativa di commemorazione a scuola organizzata dal preside della mia scuola elementare a Montese nel 1975 per i 30 anni della fine della guerra.
Lui era stato capo di una formazione partigiana bianca durante il conflitto. Io avevo 9 anni e rimasi impressionato che parteciparono anche veterani della prima guerra mondiale, reduci della battaglia di Vittorio Veneto. Avranno avuto tra i 70 e i 90 anni. Nella palestra della scuola venne allestita un’esposizione di materiale. C’erano quintali di roba perché i contadini della zona portarono le cose che avevano trovato negli anni.
Alla fine dell’esposizione invece di chiedere a mia mamma di comprarmi giochi come il dash o il pongo, chiesi di comprare il materiale dell’esposizione che altrimenti sarebbe probabilmente andato perso. Mi ricordo che mia mamma spese 100,000 lire (circa 700 dollari oggi).
La mia passione era nata perché leggevo fumetti di guerra e supereroica. In tutte le case a Montese c’era qualcosa dato che il fronte era rimasto qui sei mesi nell’inverno del 1945. Siamo proprio sulla Linea Gotica. La gente si ricorda sia del bene fatto dai soldati alleati: brasiliani e americani, sia del male fatto dai tedeschi: siamo vicino a Marzabotto.
Tutti avevano in casa oggetti militari. I bambini venivano a scuola con gli zainetti di guerra. I Contadini della zona portavano i giacconi mimetici del conflitto. Andavano a caccia con questi giacconi militari impermeabili della seconda guerra mondiale.
Non c’erano grandi libri per studiare la cosa. Tra gli anni 80 e 90 i primi veterani della tenth mountain division iniziarono a venire a Montese a rivedere i luoghi. Iniziai a frequentare Prato, che era la capitale degli stracci, e si trovava tante cose, e anche il mercatino americano a Livorno. C’erano tante casse dei boy scouts piene di roba.
Il mio obiettivo e’ sempre stato quello di salvare la storia. Sono stato uno dei primi in Italia ad avere il cerca metalli. Andavo in giro sul Monte della Torraccia e trovavo il mondo. Trovai anche piastrine di soldati caduti. Ho trovato anche tre soldati tedeschi a cui e’ stata data degna sepoltura al cimitero militare tedesco sul passo della Futa.
Hai una delle più grandi, se non la più grande, collezioni di reperti americani legati alla campagna d’Italia. Potresti raccontarci di tre oggetti di cui sei particolarmente orgoglioso?

La cosa piu’ bella non sono le bombe ma gli oggetti personali. Sono un cacciatore della vita in trincea del soldato alleato. Le piastrine sono la cosa più toccante. Ho di recente comprato delle cycles originali americane del periodo.
Sono poi un collezionista di carte, tutti i documenti che posso trovare del fronte italiano. Mi sono specializzato pian piano. Non mi interessa per esempio un U-boat tedesco. Cerco solo oggetti dei reparti alleati e tedeschi che hanno combattuto in Italia. Tra gli alleati per lo piu’ le truppe americane e brasiliane che combatterono qui dei 38 eserciti combattenti in Italia.
Le cose più belle oggetti con i nomi per fare ricerche. Mi ritengo un uomo fortunato che ha trasformato la sua passione in lavoro. Sono stato in Normandia, in Belgio, ho lavorato con tanti musei sia in Italia che all’estero.
Tra i tanti oggetti forse i tre più cari sono un elmetto di scavo con il buco di entrata e di uscita, una purple heart regalatami da un veterano sul monte della Torraccia e una cosa simpatica che ricorda l’america e’ la bottiglia di Coca-Cola portata dai soldati americani in Italia ancora piena. Un altro e’ la mazza da baseball firmata da Joe DiMaggio.
I reperti americani in particolare fanno capire la potenza culturale, economica e industriale degli eserciti alleati.
Allo stesso modo, possiedi una vasta collezione di reperti brasiliani. Puoi raccontarci come è nato questo interesse e parlarci in particolare di un reperto nella collezione?

ll custode del cimitero militare Brasiliano di Pistoia, Miguel Pereira, fu il primo a insegnarmi del contributo dei brasiliani.
Tra i tanti reperti ho il manifesto di Vargas del 1943 con un brasiliano e americano che si abbracciano.
Un altro molto toccante e’ la brandina sporca di sangue trovata in ospedale. Oltre agli oggetti, sono rimaste anche le persone, 58 brasiliani hanno sposato donne italiane. Si contano centinaia di matrimoni tra reduci dei vari eserciti alleati e italiane.
Ad oggi, in quali altre occasioni e luoghi il pubblico ha potuto vedere reperti della tua collezione?

Ho collaborato con il Museo Memoriale della Libertà della famiglia Ansaloni a Bologna, ho fatto sei esposizione all’ambasciata Brasiliana a Roma in Piazza Navona e collaborato con vari musei in Brasile, ho esposto oggetti alla caserma Nembo a Pistoia, e poi ai musei locali di Zocca e Montese, dove al castello vi sono 850 pezzi della mia collezione incluso l’unico altare militare alleato di padre Antonio Silvestri. Altri musei con cui ho lavorato sono il Museo Winterline di Venafro, il Museo di Sermide della Valle del Po, il MuGoT, Museo della Linea Gotica di Scarperia e San Piero. A volte mi chiedono perché non cedere la mia collezione a questi enti? Perché vorrei che il materiale rimanesse tutto insieme, che trovasse un luogo che lo valorizzi e ne mostrasse l'unicità.
Siamo profondamente onorati dal tuo impegno affinché la tua collezione diventi un elemento fondamentale della nostra futura collezione pubblica a Roma, presso il Museo degli Alleati (The Allies Museum). Perché ritieni importante che il grande pubblico, e in particolare i giovani, possano avere accesso a questi reperti?

Siamo arrivati ad un momento della storia mondiale che dà per scontato la pace, la fine delle sofferenze di guerra, ma con quello che sta accadendo bisogna ricordare ai più giovani cos’era la guerra.
In Italia 80 anni fa sono venuti ragazzi da tutto il mondo non per conquistarci, ma per donarci libertà e democrazia.
Da italiani dobbiamo ricordarci che noi agli alleati abbiamo firmato una resa incondizionata, loro potevano far di noi quello che volevano, farci rimanere un paese di pastori e analfabeti come consigliato a Roosevelt dal suo segretario per il tesoro Henry Morgenthau Jr. Ma ciò non avvenne.
Grazie al Piano Marshall già nel 1950 l’economia italiana era più forte che nel 1939, e poi dalla metà degli anni 50 ci fu il boom economico. Tantissimo materiale americano fu lasciato qui: guardando i reperti nella collezione si entusiasma sia il bambino che vede la Coca-Cola che il nonno a cui era stata donata dal soldato americano. Molti anziani che erano bambini durante la guerra mi hanno detto che la cioccolata ora c'è ovunque ma quando l’hanno mangiata a 8 anni datagli dai soldati americani era la cosa più buona di sempre.
Perché non abbiamo un museo in Italia a livello di quelli in paesi esteri?

Molti italiani provano ancora pena pensando che l’abbiamo persa. Non arrivo ad estremi dicendo che l’abbiamo vinta con i partigiani o i gruppi co-belligeranti. Ma pareggiata si.
Non ci sono grandi musei ed è un peccato: né ad Anzio ne a Cassino. Sono andato in Belgio facendo un giro delle Ardenne e a Bastogne non hanno mica niente senonche’ c’e’ stata una grande battaglia americana della seconda guerra mondiale. In Normandia, una delle regioni più povere della Francia, hanno valorizzato le mucche e i bunker. C’e’ sempre gente in Normandia, dove vado ogni anno.
In Italia invece, i tanti discendenti, ad esempio sono venuti un centinaio di nipoti della decima di montagna a trovarmi recentemente, che vengono a trovarci sono interessati ma non trovano grossi riscontri.
Pensando alle scuole, ho portato in giro molti ragazzi, ai giovani piace fare i confronti: vedere un fucile contorto dall’esplosione vale di più di vedere una giacca di un generale con le medaglie. La gente vuole vedere l’oggetto, quello che e’ stato usato.
Pensando all'opportunità, noi abbiamo un grande vantaggio in Italia: abbiamo il Colosseo e a un’ora da Roma c’e’ Anzio. A 40 minuti da Firenze c'è la linea Gotica. Non bisogna glorificare la guerra, ma facendo vedere la guerra si cerca di non fare gli errori del passato.
Editor’s Note: This interview was conducted by Guido Molinari with Giovanni Sulla on November 4, 2025.
